Dottor Fracchioli, cosa s’intende per “crioconservazione ovocitaria”?
Si tratta di una procedura dai protocolli sicuri e consolidati, che è nata come una possibilità da offrire a donne affette da patologie oncologiche: la chemioterapia tende a ridurre la funzione ovarica, motivo per il quale prelevare e congelare gli ovociti prima di sottoporsi al trattamento chemioterapico è importante per poter avere figli una volta guarite dal tumore e quando ci si senta pronte per una gravidanza.
Oggi è diventata invece una pratica diffusa a moltissime donne che non hanno patologie gravi da trattare, ma la necessità di rinviare l’epoca in cui cercare la gravidanza. Il numero di donne che vi si sottopongono è in costante aumento. In generale, i cicli di procreazione assistita sono stati circa 80 mila nel 2020 e quasi 110 mila nel 2021, indicando un costante aumento del ricorso ad aiuti medici specialistici per poter cercare una gravidanza, ed uno dei fattori principali di questa crescente necessità sta proprio nell’aumento dell’età media femminile all’epoca della ricerca della prima gestazione. La crioconservazione ovocitaria potrebbe aumentare in modo molto significativo le chances di ottenere l’auspicata gravidanza anche in donne non più giovanissime.
La procedura ha un costo elevato?
Il prezzo è abbastanza contenuto, si tratta di poche migliaia di euro, intorno ai 2000 o 3000 euro, in media.
A quali specialisti bisogna rivolgersi?
Si devono contattare ginecologi afferenti a strutture specializzate nella fecondazione assistita.
Sussistono controindicazioni?
Nessuna controindicazione specifica, se non alcuni quadri che controindichino la stimolazione ormonale. Sebbene possa sembrare una pratica impegnativa, lo è più a dirsi che a farsi. Voglio portare alla luce l’esempio di una mia paziente di 27 anni, pienamente in carriera, la quale, per esigenze lavorative, ha deciso di sottoporsi a questa procedura per non privarsi della possibilità di essere madre negli anni a seguire. La stimolazione è durata un mese, senza dolori o complicazioni, ed ora i suoi ovociti sono “in cassaforte”.
Come avviene, dal punto di vista pratico, il deposito degli ovociti?
La paziente viene sottoposta alla somministrazione di alcuni farmaci che bloccano il ciclo mestruale e stimolano i follicoli tutti insieme. In questo modo, non viene consentita l’ovulazione, e gli ovuli vengono prelevati previa anestesia locale vaginale. Si tratta, quindi, di una procedura indolore. Successivamente, le uova, in laboratorio, vengono studiate, valutate e quindi congelate. Grazie al congelamento, l’invecchiamento cellulare degli ovociti è bloccato. Poi, avviene lo scongelamento e, sempre in laboratorio, le uova vengono fecondate con metodi diversi in base alla qualità dello sperma che si vuole utilizzare. Ecco cosa intendiamo per fecondazione in vitro. Infine, l’embrione viene trasferito nell’utero e segue la normale gravidanza.
Come specialista in materia, si sente di raccomandare questo trattamento alle donne?
Assolutamente sì, e aggiungo che conviene raccogliere le uova in giovane età (tra i 18 ed i 25 anni) perché hanno accumulato un numero minore di danni biologici da esposizione, ad esempio, a sostanze chimiche o radiazioni rispetto a un’età più avanzata. Si ha, quindi, un vantaggio sia quantitativo, in quanto un ovaio giovane si stimola con più facilità, sia qualitativo.
Ci tengo a precisare che il congelamento degli ovociti non riduce la possibilità di avere una gravidanza spontanea, né modifica in modo significativo l’età di menopausa, e che anche le metodiche più raffinate di procreazione assistita sono meno efficaci man mano che l’età materna avanza: pertanto, la crioconservazione effettuata in età giovane consente di avere risultati migliori a parità di metodica impiegata per la fecondazione in vitro.
Elaborazione a cura di Stefania Albanese
Dr. Stefano Fracchioli
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