Dott. Pairone, quali sono le principali cause da stress lavorativo?
Tra le cause più comuni troviamo sicuramente i carichi eccessivi sul posto di lavoro, ma anche problemi a livello relazionale con colleghi e superiori, o la mancanza di obiettivi e/o motivazione, la quale può portare a non trovare alcun senso per il lavoro stesso. Bisogna aggiungere che il carico lavorativo può dare il via al meccanismo del rimuginio, che fa leva su una modalità di pensiero ricorsiva: ci si concentra principalmente sulle scadenze, sui compiti da svolgere, sul mancato riconoscimento degli sforzi e dei risultati, e su tutti quei meccanismi che portano a non capire se e dove si sbaglia.
Inoltre, l’aspetto salariale incide molto sulla motivazione: pensare di non essere retribuito abbastanza e/o di dare più di quanto si riceve spesso porta il lavoratore a perdere la passione e le energie per il proprio mestiere.
In cosa consistono i primi sintomi di questa tipologia di stress?
Si tende ad alzarsi già stanchi la mattina, ad avere un sonno disturbato, e soprattutto ad essere facilmente irritabili e nervosi.
Le capita di ricevere pazienti ambiziosi ma privi di prospettive?
Certo, molti non hanno certezze circa il futuro, e questo costituisce un forte motivo di stress.
Qual è il trattamento applicato in questi casi?
È fondamentale prendere appuntamento per una consulenza con l’interessato, dargli supporto ed insegnargli a maturare maggiore consapevolezza nel riconoscere lo stress. Successivamente, vanno fornite le prime strategie base di gestione dello stesso e dell’ansia derivante.
Ci racconta la storia di un paziente affetto da stress lavorativo?
Fino a qualche tempo fa, ho lavorato con un uomo, di 45 anni, il quale aveva da poco accettato un nuovo incarico nell’azienda di cui già era dipendente. Ovviamente, questo salto in avanti aveva contribuito a dargli un maggior carico di lavoro e nuove responsabilità. Sentiva di avere poco tempo per fare ciò che gli spettava, ma non si rendeva conto del fatto che spesso procrastinava e rimandava il da farsi, con lo scopo di completare il tutto alla perfezione ed evitare giudizi negativi dai superiori. Di conseguenza, la mole di lavoro si accumulava ed era costretto a portarsi il lavoro a casa.
L’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di provare a mettere dei paletti, sia dal punto di vista logistico, ovvero di non addossarsi nuovi carichi che sapeva di non poter svolgere, sia dal punto di vista psicologico, vale a dire di non “portarsi il lavoro a casa”, continuando a pensare a quello che doveva fare l’indomani.
Quanto è durato il percorso psicologico?
Relativamente poco, tre mesi, tra la consulenza e il supporto, i quali ci hanno permesso di monitorare i suoi passi in avanti nel rispettare i propri limiti e nel reinvestire negli spazi personali, quali famiglia, amici e hobby.
Quali possono essere le conseguenze se non si risolvono i problemi da stress lavorativo?
Beh, in tal caso si rischia di arrivare all’estremo, al cosiddetto burnout, ovvero a bruciare del tutto le risorse cognitive ed emotive e quindi a stancarsi per qualsiasi cosa si faccia.
Lavoro e vita personale si mischiano sempre?
Non è detto. L’importante è sempre fare in modo di sentirsi soddisfatti sia nella carriera che nel personale, sapendo che i due ambiti tendono inevitabilmente a influenzarsi l’un con l’altro.
Elaborazione intervista a cura di Stefania Albanese
Dott. Alessandro Pairone
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