Il disturbo bipolare, definito in passato psicosi maniaco depressiva o depressione bipolare, è un disordine dell’umore caratterizzato dall’alternanza di profondi e prolungati periodi di depressione alternati da periodi eccitamento con umore eccessivamente elevato o irritabile. I cambiamenti dell’umore, dell’energia e dell’attività quotidiana possono interferire con il lavoro e le relazioni interpersonali in modo grave, determinando sofferenza emotiva e uno stravolgimento della vita del soggetto, soprattutto se non adeguatamente trattato.
Nelle fasi maniacali il paziente bipolare può mettere in atto condotte onnipotenti, rischiose per la propria vita. Spesso, il paziente in eccitamento non riconosce il bisogno di cure e può interrompere la terapia farmacologica, favorendo così una più rapida alterazione dell’umore.
La diagnosi: gioie e dolori
Per quanto riguarda la diagnosi specifica di disturbo bipolare si è assistito ad un aumento sostanziale di tale patologia, complici le caratteristiche ereditarie, il substrato biologico e la particolare efficacia dei farmaci.
Uno dei problemi relativi ai disturbi bipolari è la facilità di errore diagnostico: i segni e i sintomi dei disturbi bipolari sono molto comuni in diverse patologie che prevedono però approcci terapeutici molto diversi tra loro. Questo rischia di determinare fallimenti terapeutici ripetuti, con forte rischio di rottura dell’alleanza terapeutica. È necessaria una scrupolosa ed attenta diagnosi differenziale e una particolare attenzione all’anamnesi personale e familiare oltre che alla storia soggettiva del paziente.
La seconda problematica è il rischio di etichettamento: facendo riferimento esclusivamente alle diagnosi descrittive, si perdono di vista le peculiarità soggettive della persona che porta il disturbo e le traiettorie che la patologia può percorrere in quell’individuo unico, rischiando di curare la malattia e non la persona, con il rischio di stigmatizzazione. Non tenere in considerazione l’unicità del paziente può favorire un processo di depersonalizzazione e identificazione con la patologia, spesso già attivo nel funzionamento psichico delle persone con un disturbo bipolare.
Allora perché è importante la diagnosi?
Perché senza una diagnosi non c’è una cura efficace, si va a tentoni.
La diagnosi è uno strumento prezioso quando è adeguatamente comunicata e condivisa con il paziente e i suoi familiari.
Il rischio di etichettare non sta tanto nel dare un nome ad una patologia che il paziente ha, quanto il trattare quel disturbo dimenticandosi della persona che lo porta alla nostra attenzione e, ancor peggio, ridurre quella persona ad una manciata di sintomi.
Una buona comunicazione della diagnosi include anche la capacità di contenere e rassicurare la persona che ha appena ricevuto la notizia, fornendo informazioni e indicazioni chiare sulle possibilità terapeutiche.
Inoltre, la diagnosi è uno strumento indispensabile nonostante i rischi e la complessità, perché permette a due clinici che parlano “lingue diverse” di comunicare sapendo di parlare della stessa cosa. Questo nella terapia dei disturbi bipolari è ancor più vero in quanto l’approccio alla cura prevede diverse figure cliniche e una buona comunicazione tra loro e con il paziente.
Comprendere i limiti e i rischi della diagnosi e coglierne le potenzialità come strumento utile sia al clinico che al paziente non può prescindere dalla cura dei disturbi bipolari.

Gli ingredienti della terapia: alleanza terapeutica, farmaci, psicoterapia e psico-educazione
La cura del disturbo bipolare si concentra principalmente sul tentativo di stabilizzare il tono dell’umore del paziente e prevenire ricadute che si polarizzano verso una delle due punte estreme del disturbo. Questo viene perseguito attraverso una corretta terapia farmacologica e una buona relazione terapeutica con i clinici di riferimento. Lo psichiatra ha un ruolo fondamentale per poter avviare un buon trattamento, è la figura dell’equipe di cura che solitamente il paziente con disturbo bipolare incontra per primo e che emette la diagnosi. Inoltre, è il clinico che gestirà la terapia farmacologica e che sarà in grado di riconoscere sintomi precoci di ricaduta per poi agire prontamente modificando la terapia farmacologica.
Ma questo non basta se si vuole fare un buon percorso di cura, perché contenere e prevenire lo scompenso del paziente non può essere delegato alla sola figura dello psichiatra. È fondamentale per ogni paziente imparare a conoscere il proprio disturbo per sapere quali strategie adottare (incluso il chiedere aiuto allo psichiatra in maniera precoce) e ricevere strumenti utili a diventare attivo e responsabile nella gestione della propria vita. È quindi indispensabile avviare contemporaneamente un percorso con uno psicologo o uno psicoterapeuta che includa da un lato una buona psico-educazione per il paziente e i suoi familiari, e dall’altro un accompagnamento alla conoscenza della propria soggettività, con una particolare attenzione a distinguere aspetti temperamentali e della personalità dai segni e sintomi della patologia in fase depressiva o maniacale. Spesso i pazienti con disturbo bipolare tendono ad identificarsi con i sintomi del polo depressivo o maniacale del disturbo. Tale idea di Sé può essere interpretata come una conseguenza della patologia, ma di fatto concorre nel mantenimento del disturbo stesso. Restituire al paziente una chiara immagine di Sé quando è in equilibrio tra le due fasi, aiuta nella regolazione dell’autostima (spesso legata alla performance e all’idea di sé identificata con il sintomo) ma soprattutto clinico e paziente imparano a riconoscere quando aspetti del comportamento del paziente sono determinati dalla patologia e li possono identificare come segnali di allarme nel momento in cui si presentano.
La psicoeducazione può essere individuale oppure in forma di gruppo. Conoscere la storia e la soggettività del paziente permette di identificare gli stressor e i fattori protettivi che incidono sul disturbo. Più la persona diventa consapevole dei propri, maggiori saranno le competenze e la capacità di poter gestire la patologia. Tale intervento risulta più efficace se viene esteso al sistema familiare, con l’obiettivo di supporto e riduzione dello stress, spesso causato o aggravato dal dover affrontare la malattia.
Elaborazione articolo a cura di Giorgia Della Bosca
Dr. Paolo Daddario
Centro Clinico Sinaptica con sede a Torino
Tel. 340 292 8062
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