Psicosi? La musicoterapia come pronto intervento

Se ti è stata diagnosticata una Psicosi, la soluzione musicoterapica potrebbe fare al caso tuo

Tempo di lettura: 4 minuti


Una breve introduzione: che cos’è la Psicosi

Con psicosi si intende un disturbo psichiatrico caratterizzato da un distacco dall’ambiente circostante, da forti difficoltà ad iniziare delle attività oltre che a provare sentimenti autentici nei confronti delle altre persone e, di conseguenza, un’alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo.


Che cos’è la Musicoterapia

Quando si parla di Musicoterapia si fa riferimento ad “un intervento specifico in tutti quei casi in cui esiste un disturbo qualitativo e/o quantitativo della sfera emotiva e delle relative competenze espressive-comunicative-relazionali; la musicoterapia è in grado di agire sulle qualità innate, ma anche su quelle acquisite, simboliche, al fine di attivarle, regolarle, qualificarle, integrarle in una dimensione intrapersonale e interpersonale” (Gerardo Manarolo, Manuale di Musicoterapia, Ed Cosmopolis, 03/21).

Pertanto, la Musicoterapia mira a sfruttare quella stretta relazione tra musicalità ed emozione che coinvolge tutta la persona, dalla sua corporeità al suo essere intimo-interiore.
Possiamo definirla come una terapia relazionale, priva di performance, utilizzata al fine della liberazione dello stato d’animo ed emotivo.


In che cosa consiste la Musicoterapia

Da un punto di vista pratico, è prevista una prima fase di raccolta dati del paziente in cui quest’ultimo è tenuto a rispondere a delle domande e a motivare la sua scelta di praticare la musicoterapia (a volte, questo trattamento gli viene indicato dallo psicologo o psichiatra stesso).
Dopo questa prima intervista, la terapia consiste in delle sedute da circa mezz’ora l’una che possono essere di musicoterapia attiva o recettiva.
Nel primo caso, il terapeuta ed il paziente si relazionano attraverso la musica , analizzano testi musicali, li commentano. Il terapeuta ascolta senza mai interpretare ciò che dice il paziente; quindi, si tratta di una terapia senza giudizio.
Nel caso invece della terapia recettiva, il paziente si occuperà di portare al terapeuta delle sequenze “sonda”, ovvero delle sequenze che il paziente percepisce come se parlassero di sé. Da qui parte la discussione sul perché ha scelto quel tipo di musica e in che modo la sente “sua”.

In alcune circostanze, oltre all’ascolto della musica ed alla discussione sulle motivazioni della scelta, è prevista la composizione di una “canzone di risposta” a quella ascoltata per sfogare i propri sentimenti: un lavoro “a quattro mani”, dalla stesura del testo alla scelta della musica, in modo da creare un dialogo sonoro-musicale.
Gli strumenti da far suonare al paziente sono studiati sulla base del caso clinico, un po’ come il medico prescrive il farmaco specifico per la patologia. Lo stesso vale per la scelta degli strumenti: in base al problema che presenta il paziente avrà più senso la scelta di uno strumento rispetto ad un altro (suonare il tamburo, ad esempio, permette di sfogare maggiormente l’arrabbiatura rispetto a un pianoforte).

Altro aspetto fondamentale è, dopo un po’ di tempo dalla prima seduta, l’analisi degli ultimi brani portati dal paziente rispetto ai primi, con le conseguenti considerazioni sui cambiamenti avvenuti dal punto di vista emotivo.


Il ruolo del musicoterapeuta

Il musicoterapeuta svolge ovviamente un ruolo di fondamentale importanza e per svolgerlo nel migliore dei modi necessita di competenze teoriche musicali (ad esempio, il rapporto minore revoca la tristezza, ma non è detto che sia tristezza, e in questo il terapeuta dev’essere molto bravo a non focalizzarsi sul proprio vissuto e sui sentimenti che una determinata musica suscita in lui).


Il caso di Luca e di come ha superato la sua Psicosi

A Luca (nome di fantasia) era stata diagnosticata una psicosi con un ritardo mentale moderato. Questo paziente viveva in comunità e il suo problema era il fatto che sentiva campanelli che suonavano e, per tanto, doveva andare ad aprire la porta.
Con Luca, ho utilizzato appunto i campanelli per la terapia. In che modo? Io suonavo il campanello e questo gli faceva tornare a mente la sua percezione: Luca mimava di andare ad aprire la porta ed io, con il tamburo, suonavo i suoi passi. Lui faceva un metro e tornava indietro.  Dopo circa 15 sedute i passi di Luca erano a tempo di tamburo e quando lui tornava a sedersi suonava il tamburo.

Ora Luca, grazie a delle sedute con gli operatori accompagnate dalla musicoterapia, ha risolto il problema del campanello: prima, raccontano le persone che vivono in comunità con lui, quando sentiva il campanello della comunità suonare, o aveva le percezioni del campanello, correva velocemente ed in maniera affannata verso la porta; ora, invece, se sente suonare il campanello cammina tranquillamente verso la porta, e le sue percezioni sono diminuite notevolmente.


Infermiere Gabriele Capra
Specializzato in “Infermieristica psichiatrica” – Musicoterapeuta in formazione
gabriele.capra94@gmail.com
Centro Clinico Sinaptica con sede a Torino
Tel. 340 292 8062

Le informazioni contenute in questo sito sono presentate a solo scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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