Il gomito del tennista è un fastidio che colpisce il gomito, ma che deriva dai tendini che gestiscono il polso. A tal proposito, abbiamo intervistato il Fisioterapista sportivo Federico Nuzzi.
Dottor Nuzzi, perché “gomito del tennista”? Cosa comporta questa problematica?
Il termine è frutto del fatto che i tennisti, nella pratica del loro sport, per tutti i colpi (dritto, rovescio, smash ecc.) utilizzano molto il polso, sforzando di fatto il gomito. Polso che, quando la racchetta colpisce la pallina, deve avere una buona capacità di assorbimento del colpo. Se questo non succede, il rischio di riscontrare epicondilite (termine tecnico per indicare il gomito del tennista) aumenta.
Il dolore percepito è un bruciore forte, quasi come una “coltellata”. Con l’aggravarsi del problema, i pazienti rischiano di perdere la capacità di sollevare anche pesi minimi, come una bottiglietta d’acqua. In alcuni casi, il dolore può propagarsi anche lungo il braccio, dando una sensazione di fastidio e formicolio.
Il problema, derivando dal polso, non è dovuto tanto al movimento del braccio quanto alla presa, ovvero l’impugnatura che si ha di un qualsiasi oggetto.
Il gomito del tennista deriva generalmente da un sovraccarico (definito “overuse”), e quindi è raro che si verifichi la sensazione di dolore forte in maniera improvvisa, differentemente da come abbiamo visto succedere nel caso della lussazione. Si tratta di un dolore che va peggiorando di sforzo in sforzo.
Si tratta di un problema che affligge soltanto gli sportivi?
Questa non è una problematica che riguarda soltanto gli sportivi, anzi! Molto spesso deriva da un’usura dovuta alla sollecitazione eccessiva e continuativa dei tendini sul posto di lavoro.
Ad un certo punto i tendini non riescono più a rigenerarsi ed entrano in un loop in cui sono sempre dolenti: il male al gomito diventa costante durante l’arco della giornata, ed anche attività che prima non erano sentite iniziano a causare dolore. In questo caso è necessario fermare l’attività e dedicarsi al recupero fisioterapico. Ovviamente, finche si tratta di sport a livello amatoriale, fermare l’attività non è un problema. Diverso è il discorso per chi ha problemi di questo tipo a seguito di un lavoro usurante che ovviamente non può interrompere, ma anche per questo esiste una soluzione.
Cosa può fare un fisioterapista per migliorare questa situazione?
Il fisioterapista può intervenire a problema inoltrato andando a guidare il paziente sulla giusta gestione dei carichi, educandolo su cos’è il dolore e da cosa deriva, e spiegandogli la prassi per lavorare con i muscoli in maniera specifica per non provare dolore durante l’attività. È importante sapere che non si tratta di un dolore che sparisce nel giro di 24 ore, ma che richiede un po’ più tempo: da più tempo è presente il dolore, più tempo ci vorrà per risolverlo.
Da un punto di vista pratico, quali sono le soluzioni che proporrebbe per questo tipo di problema?
È importante distinguere le soluzioni del fisioterapista in esercizi, manipolazioni, strumenti e terapie fisiche.
Esistono esercizi specifici che attivano e fortificano la muscolatura del gomito lavorando su due grossi gruppi, ovvero i muscoli che partono dal polso, andandoli a riabituare in tutti i movimenti sia di spinta che di frenata, e i muscoli che lavorano sugli stabilizzatori di spalla.
Altra pratica importante è “l’educazione” del paziente ad una giusta impugnatura, soprattutto nel caso dello sport da racchetta.
Per quanto riguarda il trattamento manuale, non ha scopo risolutivo, ma serve per alleviare il dolore. Si tratta principalmente di massaggi sui muscoli e sulle mobilizzazioni del gomito. Per chi non può fare a meno dei movimenti che gli causano il dolore, esiste un apposito “laccio”, da legare intorno all’avambraccio, che stringe i muscoli della zona, facendo provare meno dolore al gomito.
Infine, le terapie fisiche, ovvero le onde d’urto, che possono essere focali o radiali. Le radiali possiamo utilizzarle noi fisioterapisti, mentre quelle focali sono prettamente ad utilizzo medico. Il primo step quando si pensa di applicare questo trattamento è la visita fisiatrica: le onde d’urto sono onde acustiche, quindi di natura meccanica, che non presentano pertanto i rischi associati alla radioattività. Sono delle “scariche”, che si ottengono con un apposito aggeggio, che bombardano i muscoli interessati. Questa terapia serve ad invertire la rotta sbagliata del tendine e, seppur non risolutiva al 100%, migliora notevolmente la sensazione di dolore e ne previene la ricomparsa.
Per fare un esempio pratico, un paziente di 45 anni di nome Marco si è recato presso il mio studio perché non riusciva più a sollevare una bottiglietta d’acqua da mezzo litro. Lavorando in catena di montaggio, tutti i giorni ripeteva gli stessi movimenti di avvitamento e svitamento e questo, alla lunga, gli ha provocato un’epicondilite acuta. Come prima cosa abbiamo agito con delle manipolazioni per ridurre il dolore (un paio di sedute), alternandole a degli esercizi molto blandi per far lavorare in modo corretto la muscolatura. Parallelamente, l’ho indirizzato da un fisiatra per le onde d’urto (un ciclo sono 3 sedute e vengono effettuate a 7-10 giorni l’una dall’altra). Dopo due sedute di massaggi, abbiamo iniziato a lavorare maggiormente sugli esercizi di rafforzamento: stava già molto meglio, così abbiamo deciso che potesse proseguire gli esercizi da casa.
Finalmente, è tornato a bere dalla bottiglietta!
Intervista a Federico Nuzzi a cura di Davide Clivio
Dr. Federico Nuzzi
federiconuzzi.fkt@gmail.com
sede a Pinerolo
Tel. 3703280830
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