Problemi correlati al consumo di latte

Il consumo di latte può causare alcuni disturbi alla salute. In questo articolo la nostra esperta ci spiegherà quali sono le principali problematiche che si possono riscontrare

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Dopo l‘articolo pubblicato in data 3 giugno dalla nostra esperta in materia di Nutrizione, la Dr.ssa Valentina Nuzzi, ci sono sopraggiunte alcune domande inerenti alle problematiche che si possono verificare a seguito del consumo di latte. Abbiamo deciso di rispondere pubblicamente in modo che questo possa essere argomento di tutti.

Dr.ssa Nuzzi, qual’è la differenza tra allergia al latte ed intolleranza al lattosio?

L’allergia al latte, tipica dell’età infantile, seconda per frequenza solo a quella dell’uovo, può essere IgE mediata (con quadri clinici variabili dai meno gravi come reazioni cutanee a gravissimi come lo shock anafilattico) o non IgE mediata (in genere disturbi gastrointestinali). Tale allergia non è da confondere con l’intolleranza al lattosio cioè la carenza dell’enzima lattasi (enzima deputato alla digestione del lattosio). Quest’ultima condizione è molto frequente e si manifesta con dolori addominali crampiformi, meteorismo, diarrea per effetto osmotico (richiamo di acqua nel lume intestinale) del lattosio giunto non digerito nell’ultimo tratto dell’intestino. La diagnosi si fa alla luce di tali sintomi, con un test specifico in ambito ospedaliero detto BREATH TEST. Diversi studi suggeriscono comunque che adulti con diagnosi di malassorbimento di lattosio possono ingerire fino a 12 g di lattosio (contenuto in una tazza di latte) con sintomatologia nulla o lievissima, e che la tolleranza può via via aumentare assumendo il lattosio ai pasti ed in dosi frazionate e che vi è un’estrema variabilità individuale: ogni individuo con diagnosi di intolleranza al lattosio dovrebbe quindi individuare la quantità necessaria a sviluppare i sintomi ed eventualmente, se necessario, integrare con latti delattosati e altri prodotti caseari a basso contenuto di lattosio.


Quali rischi si corrono a bere tanto latte?

I risultati degli studi attuali escludono un effetto negativo del consumo di latte sul peso corporeo, sul rischio cardiovascolare e sulla colesterolemia totale. Sia uno studio multicentrico italiano e sia una metanalisi non hanno evidenziato associazioni significative tra consumo di latte ed incidenza totale di tumori. Non vi sono neppure evidenze che il consumo di latte modifichi la prognosi di pazienti già portatrici di tumore della mammella.

Inoltre, un recente documento elaborato da ESCEO (European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis, Osteoarthritis annd Muscoloskeletal Diseases) e IOF (Intenrational Osteoporosis Foundation), dopo revisione sistematica della letteratura scientifica, ha sottolineato i benefici sulla salute scheletrica di un adeguato introiti dietetico di proteine di qualunque origine e la mancanza di evidenze che il carico acido derivante dal consumo di proteine soprattutto animali, sia associato ad un aumentato rischio di osteoporosi o frattura.

Alla luce di quanto detto, il latte vaccino è stato dichiarato un alimento sicuro e molto prezioso dal punto di vista nutrizionale ed andrebbe pertanto regolarmente consumato nelle quantità raccomandate dalle Linee Guida, sempre nel rispetto di un’alimentazione varia ed equilibrata. Complessivamente, le evidenze disponibili in letteratura indicano che l’effetto del consumo di latte su vari aspetti della salute umana è neutro o in alcuni casi addirittura favorevole. Al di fuori dell’allergia alle proteine del latte e dell’intolleranza al lattosio (quest’ultima gestibile con il consumo del latte delattosato) non esistono altre situazioni che giustifichino l’eliminazione del latte vaccino dalla dieta.

Nell’ambito della salute scheletrica, il principale beneficio del latte vaccino deriva dall’apporto di calcio altamente biodisponibile (120 mg di calcio ogni 100 ml di latte). Nella popolazione italiana, a causa del ridotto consumo medio di latte o yogurt, l’introito medio giornaliero di calcio risulta insufficiente, contribuendo a determinare un bilancio calcico (calcio assorbito, calcio escreto) negativo, con iperparatiroidismo secondario.

Si ricorda a tal proposito che il fabbisogno quotidiano di calcio in età adulta varia con l’età: dai 10000 mg/die negli adulti di età compresa tra i 25 e 65 anni ai 1200 mg/die nelle donne in gravidanza, allattamento e post menopausa e negli uomini di età superiore ai 65 anni.

Dr.ssa Valentina Nuzzi
valentinanuzzi@hotmail.it
Sede a Pinerolo
Tel. 3475190216

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